Bacche di Goji: una Vigna senza bisogno di quote in un mercato da colmare

Chiamata anche “la pianta della giovinezza”, secondo la leggenda in un monastero tibetano prosperavano delle bellissime piante di goji, i cui frutti cadevano in un pozzo a cui attigevano i monaci per dissettarsi. Un medico francese che visitò il monastero constatò che il più giovane dei monaci aveva 120 anni e tutti godevano di ottima salute; di qui l’attribuzione alle bacche di goji la causa di questa eccezionale longevità.

Di fatto, le proprietà delle bacche del goji sembrano davvero eccezionali: contengono nutrienti e antiossidanti, vitamina C 300 volte superiore alle arance, vitamine del gruppo B, sali minerali quali calcio, ferro; proteine e acidi grassi essenziali.
La presenza di betacarotene, luteina e zeaxantina è utile per la vista.
Le sue proprietà stimolano il metabolismo, rinforzano il sistema immunitario e la memoria. Contribuisce ad equilibrare i valori di colesterolo, trigliceridi e pressione arteriosa.

Ci sembra giusto sottolineare che esistono anche delle controindicazioni e degli effetti collaterali che non dobbiamo sottovalutare. Per prima cosa è bene ricordare che come tutti gli alimenti, anche le bacche di goji possono causare reazioni allergiche e possono non essere tollerate da alcuni individui. L’assunzione potrebbe causare nausea e vomito. Inoltre, durante la gravidanza o l’allattamento è sconsigliato assumere bacche di goji per i suoi alti contenuti di betaina che, se assunti in maniera eccessiva, sono nocivi per l’uomo. E’ bene sottolineare inoltre di non assumere le bacche se si assumono regolarmente farmaci come antidepressivi o anticoagulanti. Potrebbero alterare il nostro stato di salute e peggiorarne lo stato fisico.

Ancora poco conosciuto in Italia, il goji si sta affermando come coltura innovativa emergente di sicuro interessecon applicazioni nell’industria alimentare, farmaceutica, erboristica e dermocosmetica. Del goji infatti si utilizzano i semi, la polpa, il succo e la buccia.

Storia

Il goji prende il nome dal termine cinese bacca ed è originario del Tibet, Nepal e Mongolia. Qualcuno afferma che nell’antichità fosse diffuso anche nella Magna Grecia, avendo trovato in letteratura riferimenti al “likion” o “lycium”, termini greci e latini indicanti appunto questa varietà.

Il Lycium Barbarum, della famiglia delle solanacee, di cui fanno parte anche le patate, le melanzane e i pomodori, è una pianta arbustiva, a foglia caduca, ed ha un accrescimento molto rapido. La produttività e la qualità delle bacche sono molto variabili e dipendono dall’ambiente pedoclimatico

Goji NERO

e dalle ore di insolazione annuali. E’considerato uno dei dieci “super frutti” al mondo per le sue straordinarie proprietà antiossidanti che apportano innumerevoli benefici per la salute.

Altre varietà sono il “Lycium chinense”, che presenta frutti più aspri e sgradevoli al palato, e il “Lycium ruthenicum”, varietà ancora rara in Europa, detto anche Goji nero, dal gusto dolce e sgradevole.

Parleremo quindi esclusivamente della coltivazione del Lycium Barbarum.

Questa pianta è autofertile e ha dei fiori viola con pistilli bianchi. Dai fiori si sviluppano piccoli frutti rossi di forma ovale che raggiungono la piena maturazione alla fine dell’estate.

Ambiente e Coltivazione

1. Tipologia del terreno

Il goji è una pianta piuttosto rustica che si adatta anche a terreni salini, ma preferisce terreni sciolti, tendenzialmente sabbiosi, con un pH da leggermente acido a leggermente alcalino (anche se i migliori risultati si sono avuti su terreni neutri o leggermente acidi), purchè drenanti perchè non sopporta i ristagni idrici, benchè necessiti di annaffiature quotidiane. I terreni devono essere soleggiati con esposizione Nord-Sud, come per i vigneti. La luce e il calore sono indispensabili per assicurare un’abbondante fioritura.

2. Clima

Il goji può essere coltivato in tutta Italia, preferisce un clima temperato ma sopporta temperature fino a -20°C.

3. Propagazione

La propagazione del goji può essere effettuata per semina, travaso e talea.

La semina è indicata per vasi: si spargono i semi che vengono coperti con uno strato sottile di terriccio. I semi germinano in circa dieci giorni. Si tenga conto però che è necessario attendere dai tre ai cinque anni prima di ottenere piante produttive e, come in tutte le riproduzioni gamiche, le piante “figlie” possono presentare caratteristiche diverse dalla pianta madre, che solitamente sono peggiorative.
Il travaso è indicato per il trapianto in giardino di piantine acquistate in vivaio.Si raccomanda di inumidire le radici.

Per assicurare le proprietà genetiche, in un impianto intensivo, si consiglia di optare per piantine certificate ottenute per talea.

4. Preparazione del terreno

Le operazioni d’ impianto sono del tutto simili a quelle di un vigneto.

  • La preparazione del terreno va effettuata con una erpicatura media o un ripperaggio (tramite ripper anzichè erpice) e se possibile, si consiglia anche una baulatura (costituzione del “baule” lungo il filare).
  • La pianta di Lycium barbarum può essere coltivata ad alberello (con legatura a sostegno ligneo: paletto, canna, cannetta di bambù), ma è meglio prevedere un impianto a spalliera simile al vigneto, munito di impianto irriguo a goccia (ala gocciolante o gocciolatori), meglio ancora se supportato anche dalla possibilità di effettuare la fertirrigazione.
  • Tale impianto è ottimale per consentire una raccolta più razionale e veloce, considerando sia che la maturazione delle bacche avviene in continuo da luglio-agosto fino a settembre-ottobre, sia l’habitus disordinato dell’apparato fogliare per come si svilupperebbe naturalmente o con allevamento ad alberello.
  • La pianta produce sin dal primo anno dopo l’impianto e può trasformarsi negli anni in un albero molto longevo.

5. Messa a dimora delle piantine

  • Il sesto prevede la piantumazione di 4.000 piante /ettaro, con sesto di impianto di 2,5 m x 1 m.
  • La realizzazione dell’impianto a spalliera andrebbe anticipato, anche se qualcuno preferisce aspettare che le piante  “si assestino”.
  • L’impianto a spalliera va realizzato come per il vigneto:
    – pali di testata e pali intermedi (ogni 8-10 metri)
    – tre fili in acciaio zincato (il più alto a 1,80 m – 2m almeno)
    – ala gocciolante (tubo autocompensante da 16 con gocciolatoi) fissata al primo filo basso, connessa all’impianto di irrigazione.
    – Le piantine, poste alle distanze suddette, vanno fissate a cannucce solide (di bambù o “spontanee” di almeno 2 m, da interrare per almeno 20 cm) tramite legatura (meglio se con piccola “legatrice automatica”).
    – Alcune aziende preferiscono non utilizzare la cannuccia ed utilizzare il classico “filo” di sostegno come si fa con i pomodori.
  • La fase di impianto deve essere seguita da concimazione o fertirrigazione organica, sempre che si intenda adottare una produzione biologica.
  • Periodo di impianto: ideale marzo – maggio
  • Fabbisogno idrico:i primi due anni irrigare in estate a giorni alterni con irrigatori a goccia.

6. Cure colturali

  • Se piantata da aprile a settembre-ottobre, in pochi mesi, nei climi del sud Italia raggiunge i 2 m di altezza. Dopo un anno raggiunge i 3 m di altezza. Per cui la legatura lungo la spalliera dell’impianto e la potatura (compreso la cimatura) devono essere orientate ad ottenere le gemme a fiore (e quindi a frutto) in posizione utile per la raccolta manuale dei grappoli che maturano in maniera scalare: sullo stesso rametto si trovano fiori, frutti in allegagione e frutti maturi.
  • Per quel che concerne la potatura in inverno, la pratica maggiormente adottata prevede la rimozione dei rami dell’anno che hanno prodotto il frutto. Vengono quindi lasciati solo 4-5 speroni di 40-50 cm per ogni palco. In primavera-estate, invece, è prevista la spollonatura e l’eliminazione dei succhioni verticali troppo vigorosi. Questa pratica primaverile è diretta a favorire l’emissione di numerosi nuovi rametti laterali, destinati alla produzione di fiori e frutti a partire da giugno fino a novembre.
  • Va anche detto che le piante di goji, sia quelle giovani e sia quelle vecchie, possono avere la tendenza a inclinarsi verso il terreno per ramificarsi nuovamente. Questo deve e può essere impedito con la legatura.

7. Trattamenti

  • Anche se i propugnatori della coltivazione biologica sostengono che non si conoscono patologie specifiche della pianta, con l’innalzarsi delle temperature diurne, all’inizio della primavera, è bene praticare un trattamento preventivo, con un insetticida ad ampio spettro, da praticarsi prima della fioritura.
  • Prima che le gemme ingrossino eccessivamente è consigliabile anche praticare un trattamento fungicida ad ampio spettro, per prevenire lo sviluppo di malattie fungine, il cui dilagare è favorito dall’elevata umidità ambientale.
  • Bisogna fare attenzione soprattutto a: verticillium, afidi e lumache. Rispondono velocemente ai normali trattamenti (zolfo, rame, olio minerale, fosfato ferrico per le lumache). Agire sempre in prevenzione con trattamenti come se fosse un vigneto, anche se è meno sensibile. Le parti colpite tendono dapprima a subire una decolorazione e quindi la necrosi con conseguente morte, se non tempestivamente trattate. Rarissimi i casi di ruggine, eventualmente trattabile con prodotti a base di rame.
  • A differenza del L. chinense che è colpito dall’oidio, il L. barbarum ne è immune, però presenta altri funghi come l’alternaria. Per ora però non sembrano eventi di una qualche gravità.

8. Raccolta e produttività

  • La raccolta delle bacche è manuale e si effettua da luglio a ottobre, e comunque quando il frutto è maturo all’80 – 90%, con raccolta scalare.
  • Per il consumo essiccato viene raccolta senza picciolo, per quello fresco invece sì perché così ha una conservazione maggiore. I costi di manodopera e vita breve per il fresco fanno lievitare i costi ed il prezzo.
  • Il goji entra in produzione fin dal primo anno, con rese crescenti che raggiungono il picco al 9° – 10° anno, e la coltivazione può durare moltissimi anni, essendo una perenne è finanziata dal PSR nelle misure 6.1 e 4.1
    La produzione per ettaro varia in funzione dell’ambiente di coltivazione, ma è stimabile come da tabella a fianco

Costi e redditività

1. Costi d’impianto

Si stima un costo ad ettaro di ca. 30.000 euro, se il terreno non necessita di lavorazioni particolari ed escluso scavo del pozzo.
Le voci di costo sono le seguenti:
– n. 4.000 piante (sesto di impianto 2,5 m x 1 m) per un totale di 24.000 euro (6,00 euro/piantina certificata)
– Impianto a spalliera (tipo “vigneto”) con ala gocciolante al primo filo: ca. 6.000 – 8.000 euro (con pali in legno).
I costi variano se si utilizzano pali in cemento o in metallo e se l’ala gocciolante viene collocata al di sotto della pacciamatura con realizzazione contestuale di baulatura (ca. 800,00 euro/ettaro).
– I costi di gestione successivi ammontano a ca. 7.000 euro/anno.

 

2. Redditività

  • Le bacche di Goji e i loro derivati presentano prezzi di mercato molto variabili a seconda dell’origine e della loro qualità e certificazione, con una forbice notevole: per il fresco si va da circa 25 euro/kg fino anche a 150.
  • Quest’anno il prodotto fresco sul mercato italiano è stato quotato sui 50 euro/kg.
  • Ricavi notevoli, dunque, ma il prodotto secco perde quasi il 90% del suo peso con un prezzo che oscilla da 20,00 euro/Kg a 80,00 euro/kg (in conf. da 50 g, 100 g, 150 g, 250 g)
  • Succo di Goji (e simili): da 20,00 euro/L a 80,00 euro/L (in conf. da 350 ml, 400 ml, 500 ml)
  • Ipotizzando un ricavo dal solo prodotto fresco, al 4° anno avremmo una resa lorda di €. 150.000 (7.500Kg x €.20), con un costo di coltivazione e raccolta di circa 70.000 euro, a cui vanno aggiunti i costi di confezionamento e conferimento.
  • Non è però una coltura per principianti: il Goji è impegnativo, anche un eccesso di fertilità genera troppa vegetazione, ombreggiatura e scarsa qualità dei frutti.
  • Per un Viticoltore con esperienza, però, risulta relativamente molto semplice: la maggiorparte delle produzione da vino, sono molto più impegnative.
  • Citiamo il vivaista Valerio Gallarati : «Ama l’acqua ma odia i ristagni idrici; cresce molto ma, se sbagli ad annaffiare, la zolla si disidrata e perde le foglie. La pianta è molto delicata, non muore, ma se non la tratti a dovere non si sviluppa secondo gli standard che noi vivaisti dobbiamo avere. È quello che è successo in questa stagione dal clima impazzito».
  • A questo proposito vi invito a visionare il filmato che segue

Mercato

 

  • Il mercato dei superfrutti e in particolare dei frutti rossi come il melograno, il ribes, i mirtilli, il mirto rosso stanno diventando prodotto di largo consumo. Il Goji in particolare si è affermato da alcuni anni sul mercato come prodotto essiccato e come succo di Goji. Attenzione, però: le bacche essiccate provengono tutte dalla Cina e, benchè vengano generalmente certificate bio (ma “da agricoltura non UE”), la presenza di fitosanitari residui non è una leggenda.
  • Esistono già delle realtà, anche abbastanza consolidate, soprattutto relative a prodotto biologico, di aziende che ritirano il prodotto con un contratto esclusivo col produttore con rivalutazione annuale del prezzo di acquisto che segue l’andamento del mercato.
  • In questo modo dovrebbe affermarsi il prodotto italiano eco-friendly che è già stato definito “sicuro come ingrediente alimentare” dalla Commissione Europea per la vigilanza sulla sicurezza alimentare.
  • in Italia il Ministero della Salute indica il Goji (Lycium Barbarum L.) nella lista degli estratti vegetali impiegabili, come integratore “antiossidante”
  • Inoltre la produzione agricola viene ritirata da moltissime industrie di trasformazione che ne ricavano bevande energizzanti, succhi, marmellate facilmente reperibili in rete, oltre alle industrie farmaceutiche, erboristiche e dermocosmetiche.
  • Anche in questo caso vi invitiamo alla prudenza: frutticini piccoli o dal colore fuori standard (difetti dovuti ad imperizia o scarsa attenzione alle cure colturali) verranno declassati a produzione di succhi, con conseguente perdita di redditività.
  • Come per l’uva,la passione non basta: la coltivazione del goji richiede precisione.
  • Facendosi assistere da agronomi qualificati e seguendo rigorosamente i disciplinari, si può ottenere una produzione quali-quantitativa ottimale.

Innovazione e nuove strategie in agricoltura

Vi invito dunque ad una riflessione: potrebbe il Goji, così come altre colture innovative come il bambù gigante e le piante officinali, rappresentare un’alternativa per un settore in forte crisi di redditività? Secondo noi, sì.

Anche la Confagricoltura è convinta che oggi più che mai è necessario innovare e diversificare: “L’alimento non sarà il solo prodotto dell’agricoltura. Stiamo andando verso l’agricoltura delle biomasse. Produrremo il mais per alimentarci, ma otterremo anche diversi sottoprodotti. Dal pomodoro ricaviamo la salsa, ma anche pigmenti, cosmetici, oli essenziali, alimenti per il bestiame. Passeremo da una società basata sugli idrocarburi ad una che avrà al centro i prodotti dell’agricoltura

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